Una rocca nel bosco sopra il lago

Una rocca nel bosco r

E a proposito del fare artistico, Edoardo Fontanazza sosteneva: “A volte, è come se una forza misteriosa mi afferrasse la mano guidandomi a scrivere, a dipingere”. Non il suo essere dunque, non il suo pensiero, né la sua sensibilità avrebbero creato le sue opere, ma una voce sconosciuta, impersonale, ben stigmatizzata dal poeta polacco Czeslaw Milosz quale manifestazione dell’Assoluto quando lo si cerca con tanta determinazione; e l’io artistico allora, come in tutti i veri artisti, diventa un angelo mediatore fra il mondo vero dello spirito e quello caduco della storia. una vita quella di Edoardo Fontanazza tipica di chi è sempre in movimento nel tentativo di rappresentare l’uomo nella sua interezza; una vita fluida e leggera che ha saputo attingere dalla saggezza naturale delle cose: felici di essere, convinte di morire - il segreto a rendersi disponibile: nell'abbondanza e nella privazione, nella fortuna e nell'avversità, nella gioia e nel dolore. Da tutto questo è derivato un vasto campo di ricerca comprendente presente, passato e futuro; natura, storia e spirito.

La poesia del colore Poesia e infanzia r Una rocca nel bosco r Spazi turchini r Dell'anima e della memoria r Tra impegno e poesia1

 

 

UNA ROCCA NEL BOSCO SOPRA IL LAGO

Nell’opera di ogni poeta, di ogni pittore, ad una lettura attenta è possibile individuare dei motivi dominanti, che aiutano a comprendere, al di là del valore segnico, l’essenza del lavoro artistico come forma di vita autonoma. E tutto questo, quasi fosse una regola, vale anche per l’opera di Edoardo Fontanazza, pittore e poeta autentico, la cui ricerca   umana ed artistica si è svolta tra storia e natura, tra spirito e amore, che permeano la sua vasta produzione di tele, liriche e saggi.

"Nella natura”, diceva Edoardo Fontanazza, “c’è un sogno di bellezza inestimabile, c’è la possibilità - appannaggio di chiunque: umili e potenti, poveri e ricchi, semplici e dotti - di mettersi in contatto con l’Assoluto, di ricomporre la coscienza cosmica, che sola può aiutare l’uomo a risolvere il problema di sentirsi altro dal mondo, di trascendere i concetti di nascita e morte”.

Il mondo di nascita e morte infatti si origina in noi stessi, e in noi stessi si trovano i mezzi per superare paure e visioni sbagliate causa di tanta sofferenza. Contemplando la verità dell’impermanenza e dell’interdipendenza in natura, meditando sul processo del divenire - dove ogni particolare dell’esistenza diviene partecipe del Tutto -, sarà possibile intraprendere il cammino, lungo e difficile, verso la libertà e la luce. Non prima però di aver definito il proprio rapporto con la storia, considerata qui come esigenza ineludibile dell’uomo di darsi identità all’esterno, di autodeterminarsi nel caleidoscopio degli avvenimenti, delle idee, del potere, della violenza, della giustizia; insomma, in una parola sola, della vita stessa nella sua vastità e unicità: e la condizione umana non risparmia nessuno dal prendere posizione.

Ma nella storia, come in un caleidoscopio appunto, niente rimane fisso. C’è un mutamento continuo che stupisce, meraviglia e fa esclamare i poeti: "Un batter d’ali sul tetto, e nel mondo / ostilità, pace, tormento, distruzione, gioia / sorgono e tramontano! / Un batter d’occhi sul viso, e nel mondo / odio, bellezza, libertà, amore, sofferenza / nascono e svaniscono!"

Dunque, non è nella storia che si trovano quei punti fermi necessari alla ricerca della Verità, ma in sè stessi, nella caverna secreta del cuore. Il sé diventa il principio interiore di guida dell’uomo, distinto dalla personalità cosciente. E realizzarsi, come ci ricorda il grande poeta greco Odisseas Elitis, “non significa altro che scoprire chi veramente siamo per diventare ciò che fin dall’inizio, in potenza, eravamo”.

Però quanta differenza c’è tra chi, pur non rifiutando la storia, cerca una via d’uscita da essa e chi, invece, aderisce spudoratamente alle liturgie del potere, alla corsa all’arricchimento, alla violenza dell’uomo sull’uomo e sulla natura! In questo senso, Edoardo Fontanazza nella sua vita fece una scelta di campo talmente coraggiosa, profonda, coerente con i suoi ideali di amore, fratellanza e giustizia che, pur non schierandosi mai contro alcuno, s’identificò sempre con gli umili e, in generale, con le vittime della storia.

Questa sua posizione di umanista, come un chicco di grano che germoglia nell’humus, nutrì in lui l’amore altruistico, l’azione ininterrotta, e una religiosità fresca e palpitante, sempre calata nella vita quotidiana con semplicità e franchezza, pronta a farsi carico di ciò che serve per ripristinare nel mondo la giustizia e la bellezza offese 'dal dominio di un tempo inautentico'...

Pino Bevilacqua