Erba e pietre

 

libro3nuovoerba

 

Un’opera ben congegnata, piena di luce e di verità da fare vibrare le corde più riposte dell’anima.
Un’introspezione dolorosa ma liberatoria su alcuni temi di carattere universale come l’amore,
la nostalgia, il rimpianto, la bellezza, l’energia della natura, in uno stile lineare e diretto
che favorisce un’intensa e proficua comunicazione fra autore e lettore.

 
"Sempre più in alto di volare / nel celeste e nel rosa, / tra lagune e porti di luce / incontro a ciò che illusione non è..."

 

linea6

 

libro1

 

 

 

 

Tratto dalla prefazione

[...] Il filo che lega le liriche di "Convito di ninfe" ed "Erba e pietre", è sostanzialmente identico e consiste nel viaggio. In “Convito di ninfe” il poeta lo compie nello spazio, inoltrandosi in paesaggi connotati da esuberante bellezza e fascino malioso capaci di depurare il suo animo da ogni amarezza e disinganno. In “Erba e pietre”, invece, egli “comincia un nuovo viaggio”, com’è chiaramente indicato nel prologo della raccolta, per purificarsi da ogni scoria residua di sofferenza e trovare quel sollievo che va cercando. E confessandoci convinto: “è indietro che lo ritrovo”, procede nel tempo in un difficile percorso a ritroso per scoprire, infine, che quell’agognato sollievo lo può raggiungere “in un prato di viole, / in un cielo di stelle”, metafore evidenti dell’eden perduto.

Pervenuto a questa simbolica archè, ha la consapevolezza che il tempo è “granello in un granello di spazio in movimento” e si acquieta pago di aver dissolto l’antinomia delle contrastanti categorie aristoteliche. Non solo, ma questa consapevolezza gli permette di concepire una visione della realtà armonicamente articolata su piani diversi da cui, poi, prende abbrivio per tessere in “Erba e pietre” una tela in cui i fili della trama e dell’ordito, sapientemente intrecciati nella loro scarna essenza, creano un motivo decorativo gradevole, specchio di una vita comunque degna di attenzione, sforzi, lotte.

La vita è giusta in ogni caso, sembra volere stigmatizzare il poeta in questa nuova silloge. E’ giusta quando ci fa gioire; è giusta quando ci fa amare, ma è pure giusta quando ci fa soffrire. Gioia, amore e dolore, così legati da risultare talora indistinguibili, possono diventare le ali che ci sorreggono nel cammino dell’esistenza, vista liricamente come un “salice frondoso” dimora di quiete e laboriosità, ma purtroppo trastullo di un demone instancabile, vile e capriccioso, che con artifizi e menzogne cerca di trasformarla in un “campo di macerie” dove il tempo, nel suo incessante fluire, spadroneggia con la sicurezza arrogante del vincitore. E l’uomo, vittima della sua naturale fragilità, è destinato a soccombere ancor più rovinosamente se si ostina a contrastare questa forza irriducibile che tutto muta e soggioga.

Quando invece egli diviene cosciente dei limiti che lo votano alla sconfitta, allora può modificare l’esito della lotta mitigandone i disastrosi effetti con il docile adattamento alle imprevedibili vicende della vita. In questa sfida l’uomo potrà ricorrere alle formidabili armi del sogno, della speranza, dell’intuizione per contrastare gli aspetti illusori della realtà, in attesa del momento propizio in cui riuscire finalmente ad avversare il tempo, nemico tanto temuto.

Allora può tentare di deviarne il percorso in direzione non più di una meta lontana, sconosciuta, vaga, ma verso un ritorno al principio, sorta di grembo materno vivido e rassicurante che, appunto perché noto e sperimentato, lo avvolge in un abbraccio sicuro proteggendolo da quelle insidie e inganni che costellano il percorso in avanti, quando questo è disgiunto dall’anelito di Verità. Ritorno al principio dove tutto è pace è beatitudine e dove, procedendo per gradi, sarà possibile infine approdare a conclusione di quel cammino verso l’eternità di cui parlano tutte le religioni.

[...] E’ questo, infatti, il sogno che il poeta affida a "Erba e Pietre"; il sogno, cioè, che l’evento giusto nel tempo giusto lo risvegli e gli faccia intravedere la Verità. E non a caso la lirica di chiusura della silloge porta un epigramma piuttosto eloquente di ciò cui egli anela quasi spasmodicamente: "Come naufrago in mare sperduto / voglio infine approdare / in un luogo d’incanto."

In questi ultimi versi Pino Bevilacqua rompe gli indugi e, contrariamente al suo stile, contraddistinto da timidi accenni capaci di generare nel lettore sensazioni ed emozioni proprie, avvalendosi con originalità di artifizi grafici quali il corsivo e la maiuscola, in modo manifesto e convincente ci propone una "Via possibile", comunque insita nella vita, e suscettibile d’essere percorsa da chiunque si interroghi sul significato dell’esistenza: pensare, cercare, aspettare, sperare e, soprattutto, credere! Credere che un giorno troveremo ciò che con passione abbiamo cercato.

"E noi, / tempo dopo tempo, / per le infinite plaghe / che dentro ci portiamo, / ora con un’anima / ora con un’altra / certamente noi, Noi stessi ritroveremo."

Così, ciò che in "Stelle cadenti" era considerato inafferrabile, in "Io, con batter d’ali" sembra invece, pur dopo la fatica che ogni viaggio comporta, raggiungibile con certezza.

Ma si sa... la contraddizione è la luce del poeta, come Claudio Rendina afferma a proposito di Lorca; contraddizione che non ci scandalizza, concordi come siamo col Metastasio, che "variano i saggi , a seconda dei casi i loro pensieri."

E se pure non ce ne stupissimo, lo stesso Poeta non ci condannerebbe, avendoci avvertiti che: "la meraviglia / dell’ignoranza è figlia, e madre del sapere."

                                                                                              
Rocco Lombardo

Scrittore e critico d'arte

            

 

 

 

 

 

icona scheda

 

 

 

Erba e pietre
Editrice “Qanat”
Pagine 104, Euro 14,00
Formato 14x21
Presentazione di:
R. Lombardo,
storico e critico d’arte
Il libro è corredato
da sei disegni
di A. Scroppo