Labili giri di parole

 

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 In copertina:
Annoushay Tehseen, artista pakistana

“Labili giri di parole”/ che si sfiorano, /dando luogo a storie/ in apparenza manifeste,/ ma costellate/ di significati latenti,/

utili ad accendere/ curiosità e fantasia/ in chi vorrà rileggerle/  o metterle in relazione/ con la propria vita.

 

 

 

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Sinossi

Una pregevole silloge aforistica, che induce a riflettere sulla condizione esistenziale del tutto peculiare dei Siciliani; tre intriganti saggi critici di Gino Ruozzi, Mariella Sclafani e Gaia Catalano, che “portano in superficie presenze silenziose sullo sfondo di una assenza” e fanno emergere dal romanzo Il ritorno e dalle raccolte di racconti Sotto i cieli blu degli Erei e Di tanti sospirati sogni “scorci di sublime bellezza e l'esistenza di un'umanità variegata intrisa di fede, valori e principii”. Ed è proprio da questo realismo colorito e magico del mondo mediterraneo che l'autore, a volte, trae la sua ispirazione.

 

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La concretezza dell’esistenza, 
la forza scatenante dell’immaginazione. 

Saggio Critico di Gino Ruozzi 

“Tutti abbiamo bisogno di credere che qualcosa di straordinario possa sempre accadere”. È con questo aforisma che si apre il primo racconto di Sotto i cieli blu degli Erei, la raccolta pubblicata nel 2014 da Pino Bevilacqua, cui hanno fatto seguito nel 2018 il romanzo Il ritorno e un’altra raccolta di racconti nel 2021, Di tanti sospirati sogni, legati fra loro da un filo invisibile nell’interessante trilogia sulla “sicilitudine” dal titolo D’altri tempi quando. 

Riguardo all’aforisma iniziale, si tratta di una netta dichiarazione di intenti e di poetica, che disegna il profilo dello scrittore e ne mette in luce le prospettive esistenziali e letterarie. Per Bevilacqua la vita è una sfida positiva e può riservare magnifiche sorprese. In quest’ottica l’orizzonte non è quello dei “vinti” di Verga né degli “inetti” di Svevo. Lo sguardo che caratterizza le sue storie e il suo mondo artistico vive di fiducia e di speranza. Ciò non significa che egli non veda e non racconti i drammi della vita; ma che in fondo a essi più che il tunnel nero della sconfitta e della morte scorge una possibile via d’uscita e il ritorno a un’aria di luce, di attesa; l’attesa, se non proprio la certezza, “che qualcosa di straordinario possa sempre accadere”. Ma c’è un altro aforisma in esergo a Sotto i cieli blu degli Erei che è opportuno menzionare perché più eloquente di mille parole: “La narrazione è memoria e sempre porta con sé, attraverso ogni storia raccontata, frammenti di verità”. 

Bevilacqua ama raccontare. In questa operazione creativa c’è naturalmente invenzione e c’è una ricerca di verità. La verità può essere al principio, costituire la base sulla quale si sviluppa poi l’invenzione narrativa, lo scenario realistico di una situazione di vita che genera nuove storie. E la verità può essere il risultato del processo narrativo, che si conquista con la ricerca che avviene in primo luogo attraverso la scrittura. Quindi verità all’inizio e alla fine: quella della fine è però una verità più ricca, complessa, anche sofferta ed eventualmente gioiosa perché frutto di quel cammino di conoscenza che avviene tramite e durante il racconto letterario. 

Una verità che si appoggia in primo luogo alla memoria, alla rievocazione vitale del passato che sempre vive fertile dentro di noi. Il mondo narrativo di Bevilacqua ha fonti ricchissime, sorgenti d’acqua pura che erompono con salutare energia e illuminano il mondo odierno, il nostro presente travagliato eppure non mortificato. 

Ogni tassello contribuisce a fornire quel pezzo di verità che egli chiama “frammento”, legandolo pertanto a una delle più significative tradizioni letterarie della modernità, siglata nel 1798 dai frammenti romantici dei fratelli Schlegel e di Novalis stampati sulla rivista Athenaeum. Quei frammenti che sono sinonimo di ricerca di autenticità, tentativi di scoprire la genuina natura del mondo, esplosi nella letteratura italiana del primo Novecento soprattutto con Giovanni Papini, Arturo Onofri, Camillo Sbarbaro. 

Il concetto di frammento si collega anche alla forma letteraria del racconto scelta da Bevilacqua. Il racconto è di per sé una forma breve, di eccezionale potenza, qualità e tradizione, dalle novelle di Boccaccio a quelle di Verga, De Roberto e Pirandello, vertici assoluti della letteratura antica e contemporanea. Ogni racconto è l’espressione di un punto di vista e la manifestazione di una traccia di vita. Ogni storia raccontata, afferma lo scrittore, è perciò un frammento di verità. Un libro di racconti è quindi un insieme costruttivo di frammenti, un prezioso gruzzolo di piccole verità. Bevilacqua non pretende la Verità ma presenta con discrezione episodi, avvenimenti e allegorie di verità che contribuiscono a una migliore conoscenza del mondo che abitiamo. 

In questo mondo universale c’è un mondo particolare, che è quello nel quale il destino ci ha collocati e chiamati a vivere. Per Bevilacqua esso è la Sicilia, i monti Erei, la città di Piazza Armerina, detta semplicemente Piazza, ricca di luoghi bellissimi e affascinanti vestigia del passato. 

C’è una parola, non antica, non inventata ma resa famosa da Leonardo Sciascia, che si configura come metafora di un senso della vita del tutto peculiare, “sicilitudine”, che come si legge nella raccolta Di tanti sospirati sogni “è una e cento cose assieme: categoria metafisica, condizione esistenziale e stato antropologico dell’essere siciliani ma anche aspetto fonda-mentale della cultura isolana fatta di polarità contrastanti, di luci e di tenebre, di comico e di tragico, di poetica visionarietà e di lucida razionalità”. 

La riflessione sulla Sicilia è il filo rosso che nutre i testi di Bevilacqua, sia quelli dei racconti sia quelli del romanzo. Il senso di un’appartenenza radicale e imprescindibile che coniuga natura e cultura. Il riferimento alla straordinaria letteratura siciliana è inevitabile: Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello, Quasimodo, Brancati, Vittorini, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino, Consolo, Maraini sono eccezionali modelli di invenzione e di domande, di essenziali interrogativi umani. La Sicilia richiede di andare al fondo della vita, di risalire alle radici interiori del mondo e ogni scrittore ne è a proprio modo interprete e instancabile esploratore. 

Bevilacqua raffigura una regione ossimorica, in cui i contrasti convivono e rendono ogni momento presenti le originarie qualità mitologiche, l’incontro di acqua e fuoco, di antico e moderno, di realtà e sogno. Sono gli opposti e i confini con i quali si misura l’immaginario dello scrittore, che unisce la concretezza dell’esistenza con la forza scate-nante dell’immaginazione. 

“Per la sua civiltà peculiare”, egli fa dire a Edoardo, uno dei propri personaggi, nel racconto Voglio essere libero, “è l’intera Sicilia ad avere una dimensione fantastica”. Questa prospettiva onirica, che contraddistingue luoghi, persone, pensieri, è parte essenziale della fierezza di essere siciliani, alla quale Bevilacqua assegna un ruolo determinante nella propria personale creatività...[continua]

                                                                                                                                                                                                                         

 

Gino Ruozzi                                                                               
Professore di Letteratura italiana 
                                                                                                                                       
Università di Bologna

La salvezza viene dalla parola 

Saggio critico di Mariella Sclafani 

 Lirica e racconti, romanzi e saggi: sono molteplici le corde dell’ispirazione di Pino Bevilacqua la cui formazione, prevalentemente scientifica, convive e si armonizza con un’incli-nazione letteraria talmente intrinseca all’identità umana e spirituale dello scrittore da permeare il suo modo di essere e di rapportarsi con gli altri e con il mondo. 

Le opere riunite nella trilogia dal titolo D’altri tempi quando sono due raccolte di racconti, Sotto i cieli blu degli Erei del 2014 e Di tanti sospirati sogni del 2020, e un romanzo, Il ritorno del 2018, in via di nuova pubblicazione con “La Moderna” Edizioni che ha mantenuto l’impostazione grafica precedente, compresa la presenza dei bei disegni infratesto di due artisti locali: Luigi Previti, pittore impressionista, a cui si devono le immagini che fissano i momenti chiave della raccolta Di tanti sospirati sogni, e Angelo Scroppo, pittore figurativo, che ha curato invece le illustrazioni delle altre due opere. 

Già la presenza nel testo della componente figurativa è un segno della cura e dell’attenzione con cui l’autore ha inteso fondere immagini e parole rendendole entrambe estremamente evocative, un obiettivo raggiunto anche attraverso l’insolita elaborazione dei titoli formati dall’incipit di una frase il cui completamento viene affidato alla sensibilità e all’intelligenza del lettore. Insomma si ha l’impressione che i tre libri siano, per chi li ha scritti, delle creature viventi che vengono affidate al mondo dopo essere state amorevolmente perfezionate fin nei minimi particolari […]

Elemento caratterizzante della trilogia non è soltanto la narrazione in senso stretto quanto il gusto della descrizione e della riflessione. Attenta e acuta l’analisi dei personaggi, ognuno dei quali si interroga sul senso della vita e sui valori ai quali intende ispirarsi; ampie ed efficaci le descrizioni dei luoghi e le rievocazioni di eventi storici o di antiche leggende e tradizioni: il Palio dei Normanni, i riti del Natale, la festa di Maria Santissima delle Vittorie. 

Spesso il filo della narrazione si interrompe per lasciare spazio a squarci storico-descrittivi che riguardano direttamente il paese in cui è nato e vive l’autore, Piazza Armerina - da lui denominata Piazza - che fa da sfondo, con i suoi quartieri e con la campagna che la circonda, a tutti i racconti, indirettamente la storia dell’in-tera Sicilia, dalla colonizzazione greca fino ai fatti più recenti del Novecento. Si passa così dalle antiche leggende che spiegano l’origine di nomi e consuetudini del territorio, alla domina-zione arabo-normanna, agli eventi della seconda guerra mondiale, agli anni del dopoguerra segnati dalla necessità dell’emigrazione. Man mano che si procede dai tempi più lontani a quelli più vicini, muta il tono che, da lirico e fiabesco, si fa più realistico, senza mai abban-donare la peculiare cifra stilistica dell’affa-bulazione meditativo-descrittiva. 

Il primo racconto, che si intitola Come in un sogno, narra, utilizzando tematiche e funzioni tipiche della fiaba, la storia del giovane Corrado che, dopo la morte del padre, lascia tutti i suoi beni alla sorella e se ne va in giro per il mondo con una capretta e un flauto, vivendo di poco e godendo della bellezza di quei luoghi dove hanno avuto origine alcuni dei miti più significativi della cultura occidentale, da quello di Cerere e Proserpina a quello di Ercole e Iolao. Un giorno egli giunge al castello di un duca normanno gravemente malato. Provando per il moribondo una sincera compassione, “laddove si erano dimostrati inutili tutti gli altri rimedi”col semplice suono del suo flauto, come per magia, riesce a guarirlo e, una volta ambientatosi al palazzo, ne sposa la figlia Elisa, innamoratasi di lui fin dal loro primo incontro, mentre il fine musicista raccoglieva la miracolosa erba di San Giovanni nei dintorni del castello. 

Fedeli ai loro principi, Corrado ed Elisa rinunciano alla vita di corte e preferiscono vivere in un piccolo feudo donato loro dall’insigne duca nei pressi di un villaggio degli Erei meridionali - dove, nel tempo, è poi sorto il paese di Piazza - alternando studio, svaghi, meditazione, lavoro e impegnandosi a miglio-rare le condizioni di vita di servi, ancelle e contadini. 

Solo alla fine scopriamo il senso della fiaba, che ha la funzione di spiegare l’etimologia del nome di una contrada di Piazza: la Valle di Leano, dove Leano è la corruzione di Leandrus, “uomo delicato”, nome attribuito a Corrado per la sua delicatezza e affabilità. Alla fine del racconto l’autore, ricorrendo all’espediente del mano-scritto ritrovato, comunica al lettore che questa storia, giuntagli attraverso le narrazioni ascoltate da bambino, era “scritta in un libriccino di pergamena dal colore giallo come la mimosa, custodito gelosamente per lunghissimo tempo nell’eremo di Leano”. Esso era formato da diversi capitoli, scritti da vari autori in un arco di tempo compreso fra il XII secolo e il Novecento inoltrato. 

Questa dichiarazione, che spiega e anticipa la struttura dell’intero libro, sembra voler sottolineare da un lato il legame con la tradizione orale a cui per certi aspetti l’opera si ispira, dall’altro l’intenzione di ribadire la validità di quegli intenti morali incarnati da Corrado ed Elisa ai quali alcuni dei personaggi sono uniti, oltre che da affinità elettive, anche da legami di sangue. […]

Emerge da questo, come da altri racconti, un quadro ricco e intenso della Sicilia più interna e autentica, un luogo dagli spazi sterminati e dai colori cangianti, a cui si alternano paesaggi lunari e colline calcinate di gesso, una terra in cui la natura appare ancora viva e presente, dove resistono gli antichi valori e dove le tradizioni continuano ad essere mantenute e rispettate non per scopi turistico-folkloristici, ma perché fanno parte del patrimonio e dell’identità dell’intera comunità. A questo mondo e a queste tradizioni, a questo patrimonio di miti e storie vissute attinge l’autore, convinto com’è che “l’essenza dell’uomo è la stessa sotto tutti i cieli e in qualunque epoca e che l’affabulazione è sempre stata un mezzo straordinario per risvegliare le coscienze assopite e far comprendere l’impor-tanza dei valori più autentici meglio di cento discorsi astratti”. 

Bevilacqua ha il dono di un eloquio fluido ed elegante che ammalia il lettore e, attraverso un equilibrato dosaggio di semplicità e ricercatezza, realismo e liricità, costruisce storie che ci trasportano nel mondo “altro” della letteratura che permette all’autore di attingere l’essenza profonda della vita dell’uomo e della società. […]

Molti altri percorsi suggerisce certamente l’opera di Pino Bevilacqua per la ricchezza delle tematiche e la bellezza del linguaggio. Spetta a ciascun lettore scegliere l’itinerario che sente più vicino alla sua sensibilità, nella certezza che in un libro si trova sempre la parola che ti può confortare, far sorridere, indurre alla riflessione, perché un libro è un compagno di vita che ognuno di noi può portare con sé, e soprattutto, come afferma Daniel Pennac, “un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”. 

 

                                                                                                                                          Mariella Sclafani 

                                                                                                                          Docente di lettere 

                                                                                                                                 Autrice di Antologie pei i Licei

 

 

 Un viaggio sfavillante
sulle ali della fantasia. 

 Saggio critico di Gaia Catalano 

Da tempo immemorabile, ci sono sempre stati uomini e donne che hanno sentito il bisogno di comunicare il proprio senso della vita. Per farlo, nel corso dei millenni, sono stati ideati tanti modi, ma di certo, la scrittura è fra le attività espressive più congeniali per raggiungere tale scopo. I libri, infatti, hanno almeno un aspetto peculiare che altri tipi di creazioni non hanno: possono andare facilmente fra le mani di quanti nelle storie raccontate riescono a intravedere “significativi brani della loro esistenza e trovare riprova dei loro desideri più intimi, delle loro emozioni, dei loro sogni”. 

Non si scrive dunque solo per sé stessi, si scrive per tramandare costumi, per descrivere la mentalità che ha attraversato un’epoca, per custodire memorie, per esortare a pensare, per entrare in relazione con i propri lettori. Come scrive Alessandra Tigano, Ordinaria di Storia e Filosofia nei Licei, nel suo saggio La narrazione come viaggio di formazione, “il lettore diventa compagno di strada dello stesso sentire del narratore”, specialmente se egli è disponibile ad ascoltare le opinioni altrui non con mera passività ricettiva ed è desideroso di realizzare un’efficace contaminazione del proprio universo di valori al fine di allargare i propri orizzonti mentali. In ogni caso “un bel libro deve fondare un dialogo silenzioso con chi lo legge, sensibilizzandone la coscienza, edificandone lo spirito, accendendone la fantasia. Ma sta all’autore avere la capacità di prendere delicatamente per mano i propri lettori regalando qualche ora di svago e di dolce ristoro e, perché no, far loro da guida e da sprone per rintracciare la recondita vocazione che essi si portano scolpita dentro” [...]

Considerata nel suo insieme, la trilogia D’altri tempi quando si presenta come un viaggio sfavillante, sulle ali della fantasia, nel mondo della Sicilia di metà Novecento, magistralmente descritto mediante una scrittura essenziale e cristallina. Una danza intrigante di volti e di storie che si insinuano durevolmente nell’animo di chi affronta la lettura con una forte motivazione a indagare sul passato: descrizioni di paesaggi ormai trapassati, di vite apparentemente inconciliabili coi nostri tempi contraddistinti da una diffusa ignoranza spirituale e dominati da una tecnologia cinica e disumanizzante. 

Ma indipendentemente dal tempo e dallo spazio, non è forse vero che gli uomini e le donne di ogni epoca hanno sempre avuto in comune, nella pura essenza dei sentimenti, nella sfera intima quotidiana, le stesse identiche azioni, le stesse identiche problematiche? [...] A fare da leit motiv in quasi tutti i racconti è la nostalgia, che finisce col divenire una fedele amica in un percorso formativo scandito di tappa in tappa: una tappa per ogni racconto. Ogni racconto è una meta, ogni racconto racchiude nelle sue pagine un itinerario che il lettore deve compiere per potere dare vita al suo personale viaggio interiore finalizzato alla scoperta di sé stesso. I protagonisti del libro Sotto i cieli blu degli Erei ben rappresentano sentimenti e valori legati alla tradizione siciliana, fra cui, più di altri valori, spiccano quelli della fami-glia e dell’amore. 

L’autore descrive così bene quel legame indissolubile che lega ogni siciliano alla sua terra, al punto che si riesce a percepire facilmente il senso di “appartenenza alla Sicilia e alla sua realtà storico-umana, documentata da pagine e pagine di consi-derazioni puntuali e pertinenti al tema”. Da qui la possibilità di creare una memoria condivisa, almeno con quei lettori più coinvolti e interessati. La contrada di Leano – terra dell’infanzia dello scrittore e suo luogo dell’anima – è il topos da cui tutto ha inizio. Il viaggio comincia dall’epopea della conquista Normanna della Sicilia e dal Regno fon-dato dal conte Ruggero, per concludersi con una trattazione sulla lacerata condizione dell’Isola post bellica degli anni ‘50 del Novecento, allorché il problema della ricostruzione sociale, morale ed economica della propria terra è stato affrontato brillantemente dalla comunità siciliana. 

Ogni racconto presenta diversi personaggi, ciascuno dei quali trasmette e insegna qualcosa al lettore. Dalla pura realizzazione di un sogno al coraggio di abbracciare serenamente il proprio destino, dalla ricerca della felicità alla gioia delle piccole cose, dalla lotta di classe alla rivendicazione della piena libertà, dalla critica alla società borghese, corrotta ed egoista, alla descrizione dell’amore in ogni sua forma: da quella più comune e semplice a quella più profonda, di assoluto dono di sé agli altri. Bisogna saperli leggere questi racconti, con la stessa pazienza e meraviglia di quando si parte verso un luogo che non si conosce, per poterli gustare appieno! 

 Gaia Catalano
Studentessa di Lettere Moderne
Università degli Studi Kore di Enna

 

                                                                                                               linea6                                                                                                                

Aforismi 

 

La narrativa di Pino Bevilacqua è a volte introdotta da aforismi che aprono racconti e romanzi; ma questa forma di scrittura da lui prediletta è altresì presente in molte pagine dei suoi libri, laddove vuole rimarcare un’idea o un’immagine servendosi di poche parole destinate a imprimersi nella memoria dei lettori. In questi brevi e densi tratti sapienziali sono racchiuse riflessioni che distinguono l’animo dello scrittore ed esprimono valori personali e spesso universali. Nati per dare tono e identità alla narrazione, questi aforismi possono anche sussistere in sé, come pensieri da offrire alla meditazione dei lettori. È per questa ragione che qui si raccolgono e si presentano in successione come una piccola ma pregevole silloge aforistica. 

Gino Ruozzi 

 

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In esergo ai racconti 

“Sotto i cieli blu degli Erei” 

 

*  
La narrazione è memoria e sempre porta con sé, attraverso ogni storia raccontata, frammenti di verità. 


A fare d’ognuno di noi un essere unico è la folla di esseri che ci portiamo dentro, che a volte ci costringono a fare cose che non vorremmo. 


Tutti abbiamo bisogno di credere che qualcosa di straordinario possa sempre accadere. 


Ci sono momenti che non andranno mai perduti nel tempo. 


E oggi come ieri, sempre sulla terra risuonerà la parola “t’amo!”. 

 
Se coraggio ci sostiene, audaci avanziamo verso luoghi impossibili a volte ignoti agli stessi sogni. 


È l’Amore che può rendere un essere immortale! 


Non bisogna aver paura dell’ignoto, se davvero si vuole raggiungere ciò per cui si è tanto lottato. 


Radicato nella memoria, il ricordo della nostra terra si rifiuta di svanire. In privati recessi essa custodisce miele antico e allegri motivi. 


Come una talpa, il rimorso scava nel profondo l’anima di chi ha commesso un grave sbaglio. 


Che ne sappiamo noi del perché le cose succedono? 


Quanto raramente ci capita di essere soltanto noi stessi. Liberi di mostrarci come siamo, senza tener conto di nessuno se davvero non lo vogliamo. 


Pare a volte che ogni cosa sia al posto giusto e complotti affinché si realizzi ciò che deve accadere. 


Basta a volte un nonnulla: un gesto, un ricordo, un motivetto per fare riapparire davanti ai nostri occhi una forte emozione che abbiamo provato. 


La capacità di reinterpretare fantasticamente alcuni fatti del nostro passato, non è forse una forma inedita di creatività? 


Nel bene e nel male, tutto ciò che incontriamo è la nostra vita. Ma in un caso o nell’altro, non possiamo fare altro che abbracciarla “la nostra vita!”. 


Il nemico della gioia è la fretta, che ci impedisce di cogliere ciò che di bello o divertente la realtà sta sgomitolando in un dato momento.  

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In esergo ai racconti
 
“Di tanti sospirati sogni” 

 


Ogni esperienza vissuta, gioiosa o dolorosa che sia, diviene parte di noi stessi. 


È come una tiepida trama che tutti ci avvolge!  Non è forse magnifica l’esperienza del sesso? 


A nessuno è concesso di entrare nel mondo misterioso dei significati nascosti per scoprire il segreto ultimo di ogni cosa. 


Appena oltre l’aspro crinale, rocce aguzze come spade, pronte a conficcarsi nelle nostre carni se non sapremo come evitarle. 


Ci sono cose che non riusciamo a ricordare e altre che non dimenticheremo mai, neppure se lo volessimo. 


Nessun sogno è solamente un sogno, e se si crede nei sogni, anche raggiungere la stella più lontana diventa possibile.  


Chissà perché dalle piccole cose può nascere a volte una grande gioia. 


Nuvole minacciose si addensano nella vita di chi sceglie senza troppa convinzione. 


La realtà profonda che tiene unite tutte le cose sfugge a ogni ragione. 


Meglio di qualsiasi ragionamento, le rappre-sentazioni poetiche ci aiutano a decifrare i moti dell’anima. 

 
Chi può mai dire che cosa il futuro ha in serbo per noi? 


Di tanti sospirati sogni, solo polvere rimane a volte, nient’altro che polvere! 


Ogni anima contiene infiniti tesori che attendono solo d’essere scoperti. 


Non dobbiamo che trovare il coraggio di cambiare per tornare a sorridere.  


Quando ci succede qualcosa, a nulla vale giu-dicare e lamentarsi. Ciò che serve è agire tempestivamente. 


“Quanta più amicizia semineremo, tanta più ne raccoglieremo”. Ma i tipi paludati, compren-deranno mai quest’antico proverbio? 


Perché adorare gli idoli vuoti di un mal considerato progresso quando in noi, e attorno a noi, sono così numerose le manifestazioni dello Spirito?

 

Spigolando

fra le pagine della trilogia

*

Noi siamo quello che vogliamo essere, ed è proprio la voglia di realizzare un sogno che contribuisce a rendere i nostri giorni più belli!

*

Un filo sottile lega gli eventi fra loro e molte cose, apparentemente accidentali, in realtà fanno parte di un destino che deve compiersi.

*

Presente, passato e futuro non sono altro che elementi della stessa trama che racchiude il destino di un uomo.

*

Ciò che la natura vuole dall’uomo sta scritto nel suo cuore, è lì che sono scolpiti a caratteri indelebili i valori più sacri.

*

Un ricordo è sempre più dolce e consolante del rimpianto di aver rinunciato a vivere per paura o per troppi calcoli.

*

Un attimo, solo un attimo, e un grave errore può esserci fatale per il resto dei nostri giorni.

*

Come sono stati belli i giorni dell’infanzia! Ma è bene che non tornino indietro, per l’ebbrezza di un attimo perderemmo l’incanto che di essi serbiamo.

*

Il senso più vero dell’essere è nell’essere stesso, e non al di fuori dei suoi illusori e inesistenti confini.

*

Ci sono situazioni che ci fanno invecchiare tutto d’un colpo, e con noi pensiamo che siano invecchiati sia il mondo, sia i nostri sentimenti.

*

Bisogna sapere aspettare! Le cose vengono da sé, una dopo l’altra, senza poterle comandare. Perché dunque stare in ansia nell’attesa del domani?

*

Su questa terra nessuno è maestro di nessuno. Tutti siamo qui per imparare e per capire che niente è paragonabile alla luce del Regno dei cieli.  È attraverso il fugace passaggio nel mondo che abbiamo la possibilità di attuare la nostra potenza spirituale.

*

Forse la vita è più forte del peccato e della morte, ma è l’amore più forte di tutto. 

*

Quanto più siamo capaci di amare e di far dono del nostro tempo per una causa giusta, tanto più significativi e fecondi saranno i nostri giorni. 

*

Arriva sempre il momento in cui dobbiamo fare i conti con la nostra coscienza, che non ammette raggiri e infingimenti.

*

La vita è quello che facciamo di essa, e la verità è in tutto ciò che accade ogni giorno sotto i nostri occhi

Dobbiamo credere fermamente che in noi c’è una scintilla divina riposta nel profondo del cuore che alla fine rigerminerà, pure se è stata a lungo coperta dai veli della materia, dell’ignoranza e dell’egoismo. 

Se c’è un’antica arte che mai perirà, questa è la poesia! Ascoltando i poeti è evidente che la loro anima risale a epoche remote, ad età che appartengono al mito; a quell’età delle saghe, degli antichi trovatori e degli eroi leggendari da cui essi hanno ereditato l’attitudine ad “abitare poeticamente la terra”.

Ecc.ecc.

 

                                                                           

 

 

     

 

 

                     

 

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Labili giri di parole
Editrice “La Moderna”

Pagine 98, Euro 16,00
Formato 14x21
Silloge aforistica
e saggi di critica sulla trilogia
"D'altri tempi quando"
Il libro è corredato
da
dodici disegni
di L.
Previti,
pittore impressionista.